Ecco perché “Chiaro di Luna” di Jovanotti è una poesia d’amore

Lorenzo Cherubini, meglio noto come Jovanotti, ha avuto una evoluzione durante il suo iter musicale: da dj e rapper nelle discoteche di provincia tra Roma e Milano, a cantautore di fama nazionale. E “Chiaro di Luna”, il suo ultimo singolo uscito lo scorso 9 novembre 2018 nel nuovo album “Oh, vita!” ha tutti i connotati di una poesia d’amore sulla scia di Petrarca, Leopardi e De Andrè. I primi due di certo non erano dei cantanti, non intrattenevano distese di gente sopra un palco, ma la musicalità dei loro testi è eterna tanto quanto l’appagamento che si ha quando si ascolta una canzone d’amore. Poeti, non di certo uomini di spettacolo, ma pur sempre compositori: questo accomuna gli intellettuali della nostra letteratura a molti cantautori che spesso ascoltiamo.

Ecco di seguito il testo della canzone di Jovanotti, impossibile leggerla senza cantarla con il solo pensiero:

Hey, hey, hey, hey, hey
Proverò a pensarti mentre mi sorridi
La capacità che hai di rasserenare
Mi hai insegnato cose che non ho imparato
Per il gusto di poterle reimparare
Ogni giorno mentre guardo te che vivi
E mi meraviglio di come sai stare
Vera dentro un tempo tutto artificiale
Nuda tra le maschere di carnevale
Luce dei miei occhi, sangue nelle arterie
Selezionatrice delle cose serie
Non c’è niente al mondo che mi deconcentri
Non c’è cosa bella dove tu non c’entri
Dicono “finiscila con questa storia
Di essere romantico fino alla noia”
Certo hanno ragione, è gente intelligente
Ma di aver ragione non mi frega niente
Voglio avere torto mentre tu mi baci
Respirare l’aria delle tue narici
Come quella volta che abbiamo scoperto
Che davanti a noi c’era uno spazio aperto
Che insieme si può andare lontanissimo
Guardami negli occhi come fossimo
Complici di un piano rivoluzionario
Un amore straordinario

E non esiste paesaggio più bello della tua schiena
Quella strada che porta fino alla bocca tua
Non esiste esperienza più mistica e più terrena
Di ballare abbracciato con te al chiaro di luna

Emozioni forti come il primo giorno
Che fanno sparire le cose che ho intorno
Cercherò il tuo sguardo nei posti affollati
La tua libertà oltre i fili spinati
Non potrai capire mai cosa scateni
Quando mi apri la finestra dei tuoi seni
Quel comandamento scritto sui cuscini
Gli innamorati restan’sempre ragazzini
Io non lo so dove vanno a finire le ore
Quando ci scorrono addosso e se ne vanno via
Il tempo lava ferite che non può guarire
L’amore è senza rete e senza anestesia
C’è un calendario sul muro della mia officina
Per ogni mese una foto futura di te
Che sei ogni giorno più erotica, o mia Regina
Non c’è un secondo da perdere

E impazzisco baciando la pelle della tua schiena
Quella strada che porta fino alla bocca tua
Non esiste esperienza più mistica e più terrena
Di ballare abbracciato con te al chiaro di Luna

Abbracciato con te

La Luna presso gli uomini

In questa canzone si possono riconoscere diversi topos che la rendono un archetipo del genere lirico e della musica leggera. Passando per San Francesco, Dante, Petrarca, Ariosto, Leopardi e Ungaretti la Luna è sempre stata Musa ispiratrice di poeti e pensatori. L’etimologia del termine “Luna” viene dal latino “lūna”  e porta il significato di “luce” o “splendente” (nel buio). Il primo a citarla in Letteratura è stato, appunto, San Francesco nel Cantico delle Creature, definendola “sora” cioè sorella. Ed è come una sorella, infatti, che si configura la Luna per i poeti dopo il santo d’Assisi. Dante, nel secondo canto del Paradiso, incuriosito, interroga Beatrice sull’origine delle macchie lunari, e Dante non comprende subito poiché “dietro ai sensi… la ragione ha corte l’ali”. E forse, non è un caso che Petrarca, che fa della Luna una metafora dei suoi stati d’animo malinconici e notturni, sia nato lo stesso giorno in cui il primo uomo ha posato piede sul suolo lunare, cioè il 20 luglio (1969 per l’allunaggio, e 1304 per la nascita del poeta). Leopardi, invece, tramite la canzone “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, la rende metafora dell’esotismo e della lontananza, l’eterna spettatrice delle cose del mondo, l’unica che insieme a Dio ha sempre visto e sentito tutto: amori e guerre, gioie e patimenti. Ma prima dell’immenso Leopardi, è esistito un uomo nella cui concezione, forse, si ritrovano i pensieri di tutti gli esseri umani sulla Luna: Ludovico Ariosto. Con Ariosto, Orlando perde il senno sulla Luna, solo e soltanto per un motivo: è innamorato.

Astolfo si dirige sulla Luna con l’Ippogrifo.

Una poesia d’amor profano

Ecco che quindi la canzone di Jovanotti si fa inno degli amanti, considerando un po’ tutte le cose sopracitate. Forse l’uomo non ha mai conquistato la Luna, essa ha conquistato l’uomo. Si è fatta metafora di tante cose durante la storia del mondo. A chi non capita di guardare la Luna pensando a qualcosa che non va? Così diventa luce dei nostri occhi piuttosto che luce della notte.Questo corpo luminoso rappresenta probabilmente le nostre emozioni, paure, fragilità e i nostri sentimenti,tutto quello che prende il nome di bellezza insomma. Tant’è vero che non c’è nulla di più bello che abbracciare la persona che amiamo al chiaro di Luna…

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